National Summit. L’innovazione terapeutica in oncologia, la sfida è l’equità

Il 4 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale contro il cancro (World Cancer Day), promossa dalla Uicc (Union for International Cancer Control) e sostenuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Giunta alla sua 24^ edizione, la Giornata è accompagnata per il periodo 2022-2024 dallo slogan “Close the care gap”, incentrato sulla celebrazione del progresso nelle sue molteplici forme, ma anche sulle sfide ancora in corso per consentire al numero più alto possibile di persone di ricevere le cure di cui hanno bisogno e diritto. A questo tema è stato dedicato anche il National Summit promosso il 2 febbraio 2024 da Sics, con il contributo non condizionante di Johnson & Johnson, e condotto da Corrado De Rossi Re, direttore di Sanità Informazione.

Ospiti della puntata il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Affari Sociali , sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato della Repubblica e co-promotore dell’Intergruppo parlamentare “Malattie Rare e Onco-Ematologiche”; Elena Zamagni, professore associato di Ematologia dell’Istituto di Ematologia ‘L. e A. Seràgnoli’ dell’Irccs Aou S. Orsola-Malpighi di Bologna; Marcello Tiseo, direttore dell’Uoc di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, e professore associato di Oncologia Medica all’Università di Parma; Davide Petruzzelli, presidente dell’associazione La Lampada di Aladino Ets; Claudio Sini, medico oncologo presso l’Oncologia Medica e CPDO Ospedale Giovanni Paolo II di Olbia Asl Gallura e membro del consiglio direttivo di WALCE; Alessandra Baldini, direttore medico di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia.

Due, in particolare, le neoplasie su cui si è concentrato il dibattito: mieloma multiplo e tumore al polmone.

Il primo, ha spiegato Elena Zamagni, fa registrare circa 5mila nuovi casi all’anno ed è tipico dell’anziano. La prima grande svolta nel processo di cura contro il mieloma multiplo, ha raccontato, avvenne negli anni ’90, con il trapianto autologo di cellule staminali che “tuttavia – ha spiegato Zamagni –veniva prospettato solo a un numero limitato di pazienti, meno anziani e senza comorbilità che potessero interferire con l’esito dell’intervento”. Un problema superato negli ultimi 15 anni grazie alla commercializzazione di tre classi farmacologiche – inibitori del proteasoma, degli immunomodulanti e ultimi, in ordine di tempo, degli anticorpi monoclonali –, che possono essere combinati tra loro e in modalità differenti. “Questo– ha evidenziato l’ematologa – permette di realizzare terapie personalizzate che sono non solo più efficaci ma anche più tollerabili, anche dai più anziani e fragili”.

L’innovazione ha recentemente fatto un ulteriore passo avanti, con l’avvento delle immunoterapie, delle Car-T e degli anticorpi bispecifici. Tutto bene, dunque? Non proprio. Zamagni ha infatti evidenziato come questo vantaggio possa essere realmente sfruttato al meglio solo se si accede al cosiddetto sequenziamento: “Conoscere a fondo la natura genetica del tumore può consentire, infatti, di identificare strategie terapeutiche mirate. Ma questo processo non è ancora ampiamente diffuso e garantito”.

Lo ha confermato Marcello Tiseo parlando di tumore al polmone, seconda neoplasia in termini di incidenza nei maschi e terza nelle femmine. “Per curarlo ci affidiamo oggi alle terapie a target molecolare e agli anticorpi monoclonali”, ha spiegato l’oncologo. Questi cardini terapeutici, tuttavia, ha aggiunto, “si fondano su un presupposto: la maggiore conoscenza della malattia dal punto di vista molecolare. Il test Ngs (Next Generation Sequencing) è fondamentale”. È questo, ha ribadito l’oncologo, a fare la differenza, “altrimenti ci limiteremmo ad avere strade terapeutiche alternative, ma non mirate ed efficaci al massimo delle possibilità per ogni condizione specifica”.

Tiseo ha anche ricordato come, tuttavia, il tumore al polmone trovi il suo maggiore fattore di rischio insorgenza nell’abitudine al fumo, “riscontrata in circa l’85% dei pazienti. Va sicuramente bene, dunque, la prevenzione secondaria e l’innovazione terapeutica, ma va anzitutto chiarito alle persone che la prima arma contro il tumore al polmone è nelle loro mani, con l’astensione al fumo e corretti stili di vita”.

È stato Davide Petruzzelli a sollevare con chiarezza il tema della disomogeneità di accesso all’innovazione per i pazienti italiani (“E’ difficile spiegare a un paziente perché in Italia un farmaco diventa disponibile con un anno o un anno e mezzo di ritardo rispetto ad altri Paesi) e tra pazienti italiani in base al luogo di residenza (“Come si può pensare di avere una sanità equa in un sistema che si vanta di avere 21 sistemi sanitari regionali, che diventano anche di più se si considerano le differenze intraregionali”).

“La ricerca – ha detto il presidente dell’associazione La Lampada di Aladino Ets – è fondamentale e corre veloce. Il problema è che l’organizzazione, la presa in carico, la messa a disposizione dei servizi ai cittadini non lo sono altrettanto. Un po’ per colpa delle procedure, delle agenzie regolatorie, ma anche per la mancata capacità del sistema di fare programmazione. Basti pensare a come sono diffusi in Italia i centri di riferimento”. Questo, ha precisato Petruzzelli, “non vuol dire costruire mille centri Car-T per coprire tutto il territorio nazionale. Significa, però, sostenere i pazienti costretti a spostarsi per raggiungere i centri o trovare soluzioni che possano portare certi servizi più vicini al cittadino”. 

Claudio Sini ha quindi rivendicato il ruolo svolto dalle associazioni per garantire i diritti dei pazienti e sostenerli nei bisogni che spesso restano inespressi o insoddisfatti dal sistema. “L’arrivo di nuove opportunità terapeutiche ha aumentato l’aspettativa di vita dei malati, ma questo tempo in più deve poter essere tempo di qualità”, ha detto l’oncologo, membro del consiglio direttivo di Walce. “I pazienti vogliono sentirsi ancora parte attiva della società. Parliamo, del resto, di persone che spesso sono ancora in età lavorativa”.

Sini ha quindi portato all’attenzione uno dei progetti realizzati da Walce per i pazienti affetti da tumore al polmone e le loro famiglie: “I Be Mutual Days, giornate di confronto nel corso delle quali cerchiamo soluzioni utili per aiutare i pazienti a riorganizzare le loro vite. Tra gli obiettivi anche quello di migliorare il dialogo tra pazienti e clinici, un aspetto che non solo facilita il processo di cura, ma rende anche più bello il nostro lavoro”, ha sottolineato l’oncologo.

L’impegno di Walce è anche indirizzato a collaborare con le istituzioni “per migliorare la pratica clinica senza disperdere risorse”. Sini ha infine auspicato un rafforzamento nel campo della prevenzione, “intensificando le campagne di screening e creandone di nuove, come per il tumore polmonare, dove ad oggi un programma nazionale di screening gratuito ancora non esiste”.

Quando si parla di innovazione, si parla di ricerca e aziende del farmaco. L’innovazione, infatti, non è che il risultato di un lavoro che parte da lontano e che non si ferma mai. L’impegno della divisione onco-ematologica di Johnson & Johnson nello sviluppo di farmaci innovativi, ad esempio, ha dato i suoi primi frutti nel 1988 e prosegue ancora oggi. “La Giornata mondiale della lotta al cancro – ha detto Alessandra Baldini – è l’occasione per rinnovare il nostro impegno a lavorare con passione per far progredire la ricerca e aprire la strada verso la medicina del futuro, garantendo alle persone le migliori cure possibile”.

Il direttore medico di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia ha quindi ripercorso alcune delle tappe più importanti raggiunte dall’azienda nella lotta ai tumori, dall’introduzione del primo inibitore del proteosoma, bortezomib, “che ha cambiato la storia del mieloma multiplo, tanto da essere inserito nella lista dei farmaci essenziali dall’Oms”, alla commercializzazione del daratumumab, anticorpo monoclonale contro il ricettore cd-38, che oggi tramite la sua somministrazione sottocutanea  “va ancor di più in contro alle esigenze del paziente, ma anche dei centri oncologici, perché velocizzare le procedure di somministrazione significa avere più spazio e tempo per curare altri pazienti e al contempo abbattere i costi derivanti dalla loro permanenza nella struttura”.

Guardando al futuro, Baldini ha ribadito l’impegno di J&J a portare sempre più innovazione in sanità. Il futuro per i pazienti, è convinta, “sarà sicuramente positivo”. Per raggiungere gli obiettivi, ha aggiunto il direttore medico di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia, “sarà ovviamente essenziale costruire una sempre più stretta collaborazione con le società scientifiche, le istituzioni, le università e le associazioni di pazienti. Non solo nella direzione di un Ssn sostenibile, che è un obiettivo di tutti, ma anche per un sistema sanitario più equo, progettando insieme percorsi sempre più efficienti e capaci di garantire l’accesso ai test diagnostici e alle terapie innovative in tempi rapidi, secondo un modello sempre più olistico che non guardi solo alle terapie come fine, ma alla presa in carico globale del paziente”.

A chiudere la puntata l’intervento video del senatore Ignazio Zullo. “Il tema dell’innovazione in sanità, non solo in campo oncologico, è estremamente importante per tutti i benefici che può portare, ai pazienti in primis, ma anche al sistema. Tuttavia – ha osservato – sappiamo che non tutti i territori possono contare sulle stesse opportunità di accesso all’innovazione, a volte per questioni di inefficienza o di mancata capienza dei fondi sanitari regionali, ma anche a causa di quella paradossale regola che penalizza e paralizza le Regioni in Piano di rientro a causa dell’inefficienza degli amministratori. Una regola che punisce i cittadini, invece degli amministratori inefficienti”.

Per Zullo “serve una presa di coscienza su questi temi”, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche rispetto alle risorse da mettere a disposizione. “Va compreso una volta per tutte – ha detto – che l’innovazione è investimento, non spesa, e che bisogna ragionare in termini di costo-beneficio guardando al lungo periodo”. Dal senatore, quindi, l’impegno in Parlamento “non solo il mio sapere di medico, ma soprattutto la mia coscienza di medico”.

 

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